sabato 22 novembre 2008

Faccio pena, e la gente si dispiace per me


Evviva i maestri di vita d'accatto. Quelli che trovi a così buon prezzo che, se tanto mi da tanto, il prossimo salta fuori da una scatola di cereali. O con l'inserto di Famiglia Cristiana.

Erano una delle cose che mi mancava di più, durante tutti questi mesi di assenza più o meno forzata dalla blogosfera. Del resto rappresentano una fauna così affascinante e composita che, ogni volta che ci si imbatte in un esemplare, non si può fare a meno di cadere nell'estasi che è propria dell'etologo in erba dinanzi al primo pangolino, lemure od oloturia. E sì che il sottoscritto ha avuto la singolarissima fortuna di incontrarne a decine, durante la sua breve ma intesa esistenza. Purtuttavia, sempre il sottoscritto, deve cantare inni al Signore per ringraziarlo dell'incredibile incremento di incontri ravvicinati di questo tipo da quando ha aperto un blog. "It's raining idiots, halleluja!"

Sono tanti, sono varii, ma accomunati da una sola e condivisa radice: sono quelli che stanno sempre dalla parte giusta, che hanno sempre la Ragione e la Verità nelle tasche del panciotto (una nella destra, l'altra nella sinistra. Con il Sapere Supremo che fa cucù dal taschino dell'orologio) e che, last but not least, sono travolti dal sacro fuoco della redenzione dal male di tutto ciò che è "altro" rispetto a loro. Non passa loro nemmeno per l'anticamera del cervello che la crisoelefantina Torre Morale dall'alto della quale sputano sentenze abbia fondamenta così fragili che basterebbe uno starnuto del lupo delle favole a farla venire giù. E, ovviamente, quando trovano la loro Maddalena da convertire, vanno in sollucchero. Guai a contraddirli, però: se ne escono con frasi schifate sulla tua presunta pochezza, ignoranza, grettezza e ottusità. Come può una qualsivoglia creatura del mondo terracqueo essere così cieco di fronte a cotanta salvifica luce sprigionata da ogni orifizio, ed ardire addirittura una replica? Eh, no, non si può. Chi lo fa induce pena, tristezza e compassione, e provoca il broncio del cagnolino di cui sopra.

Perché loro sono in missione per conto di Dio, baby. Proprio come John Belushi in quel film con gli occhiali scuri e l'abito da beccamorto. Ma non fanno ridere nemmeno un po'.

mercoledì 19 novembre 2008

Io sono mio e mi gestisco io



Sono un uomo libero. E non è mica un'affermazione da poco.
Specie in un'era in cui ci vengono posti vincoli, lacci e lacciuoli da ogni parte. Non si può fare un passo senza prima impegnarsi ventennalmente in qualche cosa sottoscrivendo in triplice copia un contratto zeppo di postille. Non si può fare, dire, pensare qualcosa, andare o tornare da qualche parte senza aver prima chiesto il permesso a qualcuno. O, per lo meno, avvertito qualcuno. E dove non c'è la carta c'è il web.

Ma questo non mi riguarda più, perché io sono un uomo libero. Tiè, alla faccia di voialtri schiavi in catene.
Sono un uomo libero, miei cari Kunta Kinte, perché avevo un blog animato e seguitissimo, questo, e quando mi sono stufato di aggiornarlo l'ho semplicemente mandato affanculo. Per mesi, mesi e mesi. Così, senza dover dare spiegazioni a nessuno, compresi quelli che mi chiedevano di tornare a scrivere. Ora l'ho fatto, è vero, ma è stata una scelta mia sponte, operata nel momento in cui ormai più nessuno pensava avrei scritto ancora una riga qui sopra.

Sono un uomo libero perché avevo un account su Facebook e l'ho chiuso. Sì, l'ho chiuso. Quando ha cominciato a darmi noia il fatto di dover vivere per forza in vetrina sotto gli occhi del mondo, ho detto "ciao ciao" all'annuario degli psicopatici esibizionisti guardoni e me ne sono andato. Se è vero che sono pochi, e comunque sempre di meno, quelli che non hanno un account perché non lo vogliono, perché non sanno usarlo, o perché semplicemente sono disinteressati alla cosa, è ancor più vero che coloro i quali hanno un account, per di più con seicento e passa contatti, centinaia di foto, dozzine di applicazioni e decine di gruppi, e poi mandano tutto a farsi benedire, si contano sulle dita di una mano. La mano di un operaio cinese addetto alle presse, però. Per questo sono un uomo libero.

Sono un uomo libero perché mi rendo perfettamente conto di stare scrivendo un post che fondamentalmente non ha né capo né coda, ma me ne importa comunque un fico.

Gente, il Pautasio è tornato. Per fare tanta bua al mondo.