lunedì 30 aprile 2007

Il Pautasio va su Google

Finalmente! Oggi ho scoperto che scrivendo "Il Resto del Pautasio" sul motore di ricerca Google, esso compare in bella mostra come prima scelta. Gaudio e letizia a profusione, dunque.
Ora il mio nome al secolo può contare su almeno una mezza dozzina di link googleiani, compresi quelli legati alla mia attività di giornalista, sia pergli articoli pubblicati sul sito della testata con cui collaboro, Luna Nuova, sia per quei pezzi che sono stati ripresi da altri siti (ad esempio "Ecce Terra").
E queste sono soddisfazioni, porca pupazza.
Lo so, ora starete pensando: "E a noi, che piffero ce ne cale?". Forse, e peraltro giustamente, un beneamato baccello. Ma questo è pur sempre il MIO blog, dannazione...

The number 23

Trama (recensione nei commenti)
Il simpatico idiota protagonista di "The Truman Show" (Jim Carrey) ha un lavoro appagante, opulentemente retribuito e socialmente considerato. Difatti fa l'accalappiacani. Egli, inoltre, è felicemente sposato con la nipote avvenente di Anna Mazzamauro (Virginia Madsen), la quale di mestiere fa l'eutanasista per diabetici. I due hanno anche un figlio (Logan Lerman), che ha 13 anni ma ne dimostra sedici, il che è spiegabile solo dal fatto che possa essere stato bocciato per tre anni di fila all'Ufficio anagrafe. Il simpatico ragazzetto, almeno giudicare dall'acconciatura e dall'abbigliamento molto gggiovane, di lì a poco diverrà il bassista dei Finley.
Tutto fa quindi supporre che quella di Truman debba essere un'esistenza meravigliosa, dal momento che, per giunta, la famigliola è appena andata ad abitare nella casetta di Psycho, che sta amorevolmente ristrutturando con lo stesso gusto estetico che avrebbe impiegato Donatella Rettore nello scegliere una minigonna. Ma ad instillare nel pover'uomo un'inarrestabile paranoia per il numero 23 (legata forse al fatto che da ragazzino, andando a scuola, tutte le mattine perdeva l'autobus con questo numero) ci si mettono Nebbia, il cane di Heidi, e un misterioso libretto dalla copertina rossa. Forse, le istruzioni di un non meglio precisato elettrodomestico, approssimativamente identificabile in una lavatrice con carica dall'alto di fabbricazione coreana. Il fatto di non riuscire a capire come mai si debbano sborsare 23 dollari per sostituire un filtro che, porca puttana, è ancora in piena garanzia, manda su tutte le furie il povero Truman che, per consolarsi, fantastica di essere un misto tra l'ispettore Gadget e Daredevil. Fa inoltre sogni ricorrenti, comuni ad un po' tutto il genere maschile, come quello di uccidere la propria amante per colpa del suo gusto nello scegliere la carta da parati.
A dipanare l'intricata matassa ci pensa il passato che, come si sa, torna sempre a galla. Specie se è preparato con tanto tanto aglio.

mercoledì 25 aprile 2007

Pirla di saggezza

Ora ho capito. L'ispirazione per i post è come le scoregge. Quando ti viene ti viene, e pace. Inutile sforzarsi solo per fare bella figura davanti agli amici che vengono a trovarti. Altrimenti si corre seriamente il rischio di far su solo una gran cagata.


Non temete. Prima o poi tornerò a petare.

lunedì 23 aprile 2007

Una canzone politicamente scorretta

Ecco che cosa sono in grado di partorire quando mi sento bastardo


TI DETONERO’ UNA ROSA
(L.Pautasso – S.Cristicchi)


Mi chiamo Cho e sono stufo
occhi spalancati come un gufo
m’aggiro per un campus grande ma che mi sta stretto.
Non bastano due Colt, mi ci vorrebbe uno schioppetto
per fare un repulisti
generale
di tutti questi musi tristi
che all’intervallo fan merenda col caviale
ricchi straricchi come Cresi
facce da telefilm nemmeno fossero Dawson e Pacey,

Io invece son piccolino,
meschino, per giunta "cino"
fatto e finito,
il portafogli vuoto come il pozzo senza fondo
dove con tanto ardore getterei tutto quanto questo porco mondo
e tu, ragazza, non ci pensi troppo a darmi il benservito,
per cui lo spazio che ti lascio,
nel mio cuore, son solo i 9 millimetri di questa canzone
coi quali sfascio
la vita e le speranze di trentatrè persone

Rit.
Ti detonerò una rosa,
di pallini plumbei che distruggano ogni cosa
bastano soltanto una pistola ed un caricatore
e poi via il dente, via il dolore.
Cadon uno dopo l’altro gli studenti a iosa
sotto il mio grilletto che lavora senza posa
tiro alla studentessa ciospa come alla più bella.
Poi sparo anche alla bidella

Ora è finita.
Ora che il sangue di cento persone macchia le mie dita
e da dentro un armadietto, il mio ultimo baluardo
un viavai di ambulanze, lampeggianti, cani e poliziotti guardo,
ripenso a quel che ho fatto e, vi giuro, non ne ho rimorso
del resto nella vita sono stato sempre un orso
nessun amico, nessun legame, innamorato come un nerd di una che non mi filava
ma che ridendo alle mie spalle questo e quello si faceva.
Scrivete pure che ero matto, forse strafatto
magari che in preda al misticismo col diavolo avevo stretto un patto
ma vi sbagliate, non sono affatto un pazzo
se proprio ho una sindrome, è soltanto quella della testa di cazzo

Rit.
Ti detonerò una rosa…

Adesso basta chiacchierare.
Ho già esaurito tutte le parole così come le pallottole che avevo da detonare
meticolosa è stata dei compagni di corso la mia esecuzione
alla morte andati in fila, uno dopo l’altro, come i cristiani alla comunione
poi quelli in corridoio, che ho preso a caso, come veniva veniva
sfigati che scappavano ma che ho lasciato stesi a terra, nessuno sfuggiva
in quel delirio onnipotente in cui ero piombato
mi son venuto nelle brache da quanto ero eccitato.
Dispensatore di morte, giudice supremo dei destini
Di gente che di fronte a me tremando svuotava a terra gli intestini.
Non ho paura di morire né di finire arrestato
perché so di essere invincib…
Merda! Mi hanno beccato
BANG

Rit.
Ti detonerò una rosa...

domenica 22 aprile 2007

Il blog è mio e me lo gestisco io

Mi perdonino le femministe più incallite se le defraudo così impudentemente di uno dei loro slogan più efficaci nelle storiche rivendicazioni delle pari opportunità per parlare semplicemente dei casi miei. E, oltretutto, orrore e raccapriccio, abbiano pietade di me se lo faccio sostituendo le loro sacrali e inviolate cavità uterine a tutt'altro genere di contenitore. Un blog, appunto. Anche se, d'altra parte, volendo fare della pignoleria filosofica, il blog un po' utero lo è. Cova e nutre piccoli infanti, le idee, da quando sono embrioni sino a quando si condensano in un essere fatto e finito, e infine le partorisce in un tripudio di amnios puteolento, le parole. Il fatto che poi dia alla luce quasi esclusivamente freack o aborti (e i frequentatori abituali di questo blog se ne saranno resi conto), questo è tutto un altro paio di maniche, e non ci interessa affatto in questo preciso frangente.
Approfitto semplicemente dell'essere ancora all'inizio di questo mio cammino bloggesco per fornire un rapido ma utilissimo vademecum per una corretta fruizione del prodotto. Mi sembra doveroso farlo, non tanto per correttezza nei confronti dei lettori (e quando mai chi pubblica qualcosa su Internet se ne preoccupa? Perchè dunque dovrei cominciare a farlo io? Ho forse scritto sulla fronte "Scemo chi legge" in Braille?), quanto per soddisfare la mia insana passione ad avere sempre ragione. Anche quando ho palesemente torto. Così, se un domani qualcuno dovesse mai muovermi qualche appunto sulla politica con la quale mando avanti il mio blog, potrò sempre rispondere: "Te l'avevo detto, io". E queste, signori miei, sono davvero delle gran soddisfazioni.
Come già si evince dal titolo, le cause che mi hanno spinto a creare un mio blog, le finalità che mi prefiggo e i mezzi che utilizzo per ottenerle sono solo ed esclusivamente personali. E in quanto tali, assolutamente insindacabili da chicchessia all'infuori del sottoscritto. Che, lo rimarco a beneficio dei più distratti, sarei io. Per carità, ad ogni mio post è allegata una sezione di commenti nella quale chiunque, ma proprio chiunque, può scrivere di tutto, ma proprio di tutto, per esprimere apprezzamento, dissenso o indifferenza in merito alle argomentazioni che espongo su queste pagine. Ma in caso di commento non pienamente soddisfacente mi riservo in toto il diritto di chiosa. Ovvero di rispondere come mi pare e piace, contestando o, perchè no, sostenendo le opinioni del commentatore. Ok, questo lo fanno un po' tutti i bloggers.
Ma io ho tutta una serie di difetti aggiuntivi rispetto al modello di blogger standard. Quando critico qualcuno, per esempio, mi piace farlo in maniera salace, mettendo in campo tutta l'ironia più malefica di cui sono provvisto. E, soprattutto, odio chi non si firma. E su di loro scarico tutto il mio odio e la mia cattiveria repressa dietro la maschera di tenero gigione. Sì, detesto gli "Anonimo qui"e "Anonimo là". Perchè, caspita, basta davvero poco ad inventarsi un nickname del caspio da inserire al fondo del proprio commento. Non chiedo mica nome, cognome, indirizzo, numero di conto corrente, codice fiscale della prozia e numero di scarpe (che sono comunque sempre due, di solito, visto che si vendono e si indossano al paio). Che qualcuno si firmi pure Cicciolina, Nonna Papera, Garibaldi, Puppattone84, Zoccola d'assalto, Suor Germana o Insaziabilecasalinga, a me fa un baffo. Basta che si firmi, che compia quel piccolo gesto che, al di là che il nome scelto sia reale o fittizio, dimostra che almeno chi scrive ha il coraggio di rimarcare una certa paternità, per quanto lieve, su quanto scrive. Per farla breve, è una mera questione di principio. E anche se a me di farla breve riesce davvero di rado, al principio ci tengo una cifra.
Ma il titolo ha anche un secondo significato. Molto più semplice e schietto. Un significato che si può condensare efficacemente nei seguenti assiomi: non offro un pubblico servizio ma parlo dei miei personalissimi pifferi; da queste pagine non devo proprio nulla a nessuno e per converso nessuno deve pretendere di aspettarsi qualcosa da me; dico quello che mi pare e quando mi pare più opportuno dirlo, e quando non ne avrò più voglia cesserò di farlo. Del resto, a tutti quelli che non sono interessati ai miei sproloqui, basta un click su quel quadratino con la X in mezzo che campeggia in alto a destra nella pagina del browser.

venerdì 20 aprile 2007

300, ovvero IL film

Lo so, arrivo per ultimo. Del resto, che il sottoscritto rimanga indietro come le palle del cane è cosa che accade piuttosto sovente. Quindi, perchè lamentarsi?
Il fatto, però, è che non potevo proprio continuare a tacere, nonostante il ritardo e nonostante il fatto che ormai su 300 sia stato detto tutto, e anche qualcosina di più, e addirittura di troppo, se proprio volessimo essere pignoli.
Parlo ugualmente perchè questa straordinaria pellicola mi ha lasciato veramente qualcosa. Qualcosa che esula assolutamente dalle dietrologie riguardanti chissà quali metafore della politica attuale il regista Zack Snyder (lo ammetto, ho dovuto andare a cercare il suo nome nel ricchissimo schedario del mio amico Google, perchè altrimenti da solo non me lo sarei mai ricordato) abbia voluto proporre nel supposto dualismo
spartano/guerriero/libero/GodblessAmerica contro persiano/soldato/schiavo/Allah-u-akbar. Così come esula allo stesso modo dalla maggiore o minore attendibilità storica del film che, in quanto reduce da un quinquennio di liceo Classico e in quanto affetto da una smodata passione per tutto ciò che concerne il mondo greco-romano, ho trovato essere suppergiù pari all'attendibilità storicadi "Attila, Flagello di Dio" (sì, proprio quello di "Sbabbbari..." e della Rusich con le zinne al vento). Qualcosa che esula anche dal pregio della fotografia, dai dialoghi fumettistici particolarmente azzeccati, per quanto laconici (ma del resto si tratta di spartani, e se non sono laconici loro...), o ancora dal numero anatomicamente spropositato di addominali che gli spartani sfoggiano tra il cingilombi e la spilla di bronzo che ferma il loro purpureo manto sul petto (tre ore di palestra al giorno o 15 minuti di fotoritocco su un Mac? Mah...).
Non sto parlando nemmeno della matrice del biglietto, che tra l'altro conservo nel portafogli, se non al pari di un santino, per lo meno assai meglio di quanto non faccia con tanti biglietti da visita di quelle personalità eminentissime che incrocio nel mio lavoro di cronista.
Sto parlando di un inarrestabile senso di forza, orgoglio, spavalderia, potere, invincibilità, coraggio che, come ho avuto modo di constatare, ha colpito tutti coloro i quali hanno visionato la pellicola. Nessuno escluso. Tranne, ovviamente, la gente "modello Ghezzi" che, come lui, guarda e giudica il mondo attraverso la barba ricercatamente incolta e le lenti unte di sebo dei propri occhiali da sedicente intellettuale contestatore.
Ma torniamo a quella sensazione. Ho raccolto un gran numero di commenti di amici e conoscenti vari in merito a questa "sensazione" trasmessa dal film.
I più culturalmente evoluti, nel parlarne, sembravano presi dal sacro fuoco della "kalokagathìa" di omerica memoria, e assumevano nei toni e nelle pose la figura di quegli eroi che le pitture vascolari dell'età Classica ci hanno tramandato.
I più gretti, dal canto loro, una volta usciti dalla sala si limitavano ad esternare un'innarrestabile impulso a fracassare a mani nude la prima cosa che capitasse loro sottomano. Fosse essa un cranio, un tavolo, un'automobile, una legione di orchi, una città o un segnale di divieto di sosta. O anche solo il biglietto del cinema, la cui distruzione è decisamente meno appagante di quella dell'oggettistica di cui poco sopra, ma sicuramente più accessibile per tutta una serie di svariati motivi.
Io, in ogni caso, lo ammetto: le ho provate entrambe. Contemporaneamente. Sarà perchè forse non solo in medio stat virtus, sed ego quoque.
Ok, so già cosa molti di voi stanno pensando. Soprattutto i "Ghezzisti". Se si fosse trattato dell'ennesimo capitolo di Rambo, Rocky o Terminator, avrei giustificato anche io questo ignoto impulso come il becero senso di autocompiacimento da compensazione che i sessualmente insicuri ricavano da simili spudorati sfoggi di machismo. Ma questa volta no. Perchè dietro questa pellicola c'è qualcosa di più. Qualcosa su cui mi sono arrovellato notti in tere, in cerca di un'identità da assegnargli. Poi ho capito.
300 non è altro che il più riuscito tra gli spot della Red Bull.
E ora datemi torto, se vi riesce.
Ps un breve spazio pubblicitario: quando sono andato a vedere il film al cinema, ero in compagnia del mio caro amico Fabrizio, quello del blog intitolato The Just Choice. Lo trovate nell'elenco dei link. Fine

Metasemantica e ludolinguistica: a quando sport olimpici?

IL LONFO

Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.
E' frusco il lonfo! E' pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi in segno di sberdazzi
gli affarferesti un gniffo.
Ma lui zuto t'alloppa, ti sbernecchia;
e tu l'accazzi.

Fosco Maraini

giovedì 19 aprile 2007

Ipocrisia disarmante

C'era da aspettarselo. Il nuovo eccidio in una scuola americana da parte di uno studente fuori di testa armato fino ai denti che nemmeno i Seals ha fatto scattare la solita tiritera di polemiche infinite sul fatto che negli States facciano bene o meno a consentire ai privati di armarsi con tanta facilità. I media italiani, che in quanto a buonismo melenso e ipocrita non temono nessuno, ovviamente ci hanno marciato parecchio. "Le pistole sono brutte, sporche e cattive, mettiamole via, prendiamoci per mano e disegnamo cieli azzurri solcati da arcobaleni". Che pena.
Ok, quello che è accaduto è agghiacciante, e chi lo nega?, e sicuramente è sintomo di un problema. Ma sicuramente non quello che in tanti, in troppi, hanno focalizzato in questi giorni.
Le stragi come queste non succedono perchè la gente ha le armi in tasca. Sono secoli che negli Stati Uniti ci si arma, da quando hanno cacciato le giubbe rosse di Sua Maestà Britannica, e se fosse vero l'assioma "più armi, più morti" oggi i compatrioti di John Wayne si sarebbero estinti. Invece sono 200milioncini. Le stragi come queste succedono perche le pistole le si mette in mano anche alle persone sbagliate.
Non vi fidate della mia opinione? Allora fidatevi dei numeri. Perchè se soltanto paragonassimo il numero di giovani morti ogni fine settimana sulle strade tricolori al numero di quelli defunti ogni anno Oltreoceano per i proiettili a stelle e strisce, sarebbe come confrontare le cifre dell'estratto conto di Tronchetti Provera con quelli di un metalmeccanico ucraino in cassa integrazione. A livello statistico, dunque, in America le armi "domestiche" fanno meno morti di quanti ne facciano gli incidenti d'auto in un qualsiasi paese occidentale. Ma anche del cancro, degli infarti e dell'Aids, se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo.
Eppure a casa nostra nessuno si sogna di puntare un dito accusatore contro le Golf Gt, le Clio Williams e le Punto Abarth. Ho citato auto a caso, si intende, non volevo stigmatizzare nessuna quattroruote in particolare. Ma non intendo nemmeno stigmatizzare le quattroruote in generale, perchè nemmeno questo sarebbe un ragionamento sensato. Così come non si debbono stigmatizzzare le armi, nè le leggi che in america consentono di portarle.
Perchè dico questo? Perchè il problema, semmai, sta nel fatto che occorrerebbero maggiori criteri non nella limitazione della diffusione delle armi, bensì nella selezione degli acquirenti. Può un ragazzo affetto da conclamati disagi mentali armarsi come un volontario che parta per l'Africa Orientale e girovagare indisturbato per un campus senza che nessuno alzi nemmeno un sopracciglio? E badate bene che la domanda è dello stesso tenore di quella che ci faremmo se ci chiedessimo se può un tizio ubriaco fradico, o peggio, mettersi al volante di un automobile dopo una nottata di bagordi. Perchè i rischi sono esattamente gli stessi.
Una pistola, o un fucile a canne mozze, è potenzialmente dannosa quanto un'auto sportiva lanciata ai 150 chilometri orari. In mano di un soggetto accorto e prudente, è innocua. Perchè il soggetto accorto e prudente finirà con il non usarla mai, o al massimo il sabato pomeriggio al poligono. In mano ad un folle, o ad un soggetto dalle capacità intellettive sensibilmente ridotte, invece, guns&cars sono ugualmente seminatrici di morte allo stesso livello di pericolosità.
La prova l'abbiamo noi, i Italia, dove i controlli sono ben più ferrei, è ben difficile che accadano eventi simili. Ed è proprio per questo che, quando succedono, fanno tanto notizia, così come nella metafora grionalistica dell'uomo che morde il cane.
Ma fa tanto comodo ragionare per luoghi comuni e abbandonarsi all'ipocrisia, sparando, ed è proprio il caso di dirlo, sentenze a destra e a manca.

Ecce Pautasio

Ebbene sì, ci sono cascato anche io. Come si evince dal sottotitolo, il ragionamento che mi ha spinto a dotarmi di un blog è stato molto semplice: perchè gli altri sì e io no? Così ho deciso di cimentarmicisivitivimilivici. Come se non bastasse questa riflessione a farmi decidere per il "sì", sto anche scoprendo che è dannatamente facile gestire questo genere di vaccata iperspaziale detta blog.
Perchè ho scoperto poco alla volta, visitando quelli degli altri, conoscenti o meno, che in fondo il blog è una cosa che fa proprio per tutti. Ci sono quelli che "sei senza blog, ma sei fuori?". Ci sono quelli affetti dalla sindrome di Beppe Grillo, che si sentono anche loro un po' paladini della giustizia e di una nuova equità sociale contro le magagne del sistema, e allora vanno a caccia di mulini a vento tra le plaghe internettiane, rimediando poi soltanto le solite considerazioni trite e ritrite, dense di ipocrisia e buonismo peloso. Ci sono le adolescenti del "tvttb" che infarciscono le loro pagine di cuoricini rosa, abbreviazioni orripilanti indegne anche di un sms spedito di fretta, e soprattutto tanti errori di sintassi. Ci sono poi gli inguaribili burloni che trasformano un'home page nel palco di uno spassosissimo night cabaret di periferia. Ci sono anche gli aspiranti filosofi, che a giudicare da quello che postano aspirano di tutto tranne che filosofia. E di sicuro, solo roba a buon mercato. Ci sono quelli che bloggano solo per se' stessi, che dicono nelle pagine del blog le stesse cose che si direbbero davanti allo specchio la mattina, o al bar con gli amici. E proprio per questo sono interessanti, perchè non pretendono di insegnare niente a nessuno. Purtroppo, però, sono pochissimi. Ci sono infine quelli, e sono in definitiva la maggior parte, che proprio non resistono a far sapere al mondo intero, o anche solo a quello parzialmente scremato, come la pensano riguardo a questo o quell'argomento. Anche se non hanno nemmeno un cerebro sufficientemente evoluto ad esprimere i concetti più basilari, tipo "ho fame", "ho sonno", "devo cacare", oppure "mmmm.... tette!", figuriamoci le opinioni.
E poi, last but not least, ci sono io, un appassionato del "brusa coeur", per dirla nella lingua delle mie parti. Cioè uno che quando gli salta il ticchio di fare una cosa la fa, ci si butta anima e corpo per un tot, ne ricava anche delle cose se non sono proprio fighissime per lo meno sono decenti, e poi dopo un tot si stufa. A parte due o tre grandi passioni/aspirazioni nella mia esistenza, faccio così un po' con tutto. Per questo sono quasi sicuro che oggi dò il via ad una cosa che, dieci contro uno, fra tre mesi si arenerà nel dimenticatoio assieme alla mia collezione di francobolli e di schede telefoniche, il mio corso di piemontese, gli allenamenti di rugby, il volontariato culturale, la politica militante e tutte quelle belle cose che nel corso degli anni ho abbracciato con entusiasmo e di cui mi sono poco alla volta stancato. Più o meno presto.
Quindi, caro visitatore occasionale, non ti crucciare se il mio blog non ti piace. tanto hai la quasi sicurezza che tra un po' non ti tedierà più.

Ps sono prolisso. Ma tanto oggi esistono le scarpe correttive...