
Oggi l'ho sentita di nuovo questa cazzata. Detta ovviamente da un soggetto che per le sue origini altrove ubicate non sapeva un'emerita cippa né del significato di questa parola né del perché o del quando sia nata. Per carità, non ho nulla contro chi non ha visto la luce alle sorgenti del Po, tranne quando si mette a parlare di cose che, palesemente, non conosce."Piemontesi bogianen, gente che non si muove, pelandroni, sfaticati e ottusi", ha detto il personaggio in questione. Bum. Bravo, complimenti, hai vinto il mongolino d'oro. Ora però siediti e ascolta un po' di vera storia. Intanto, lo spiego per i non-autoctoni, bogianen si legge "bugianén" (con la n finale sorda, che resta in gola, come la n di "gong"), e letteralmente significa proprio "non muoverti".Ma il significato dato dal fringuello di cui sopra è uno stereotipo valido solo per tutti coloro i quali ignorano, per l'appunto, le vere origini del soprannome. Siamo sul campo di battaglia dell’Assietta, il 17 luglio del lontano 1747, e si sta per combattere una delle più sanguinose battaglie della guerra di successione austriaca. Il terribile conflitto, destinato a squassare l'Europa per 8 anni, era scoppiato a causa di asperrimi dissidi politici sui diritti di successione al trono del Sacro Romano Impero. Nel 1713, infatti, quando l'Imperatore Carlo VI, privo di eredi maschi, aveva disposto la successione per la figlia primogenita Maria Teresa, attraverso la celeberrima "Pragmatica sanctio", diciamo che non tutti i sovrani d'Europa avevano gradito la cosa, e avevano anzi duramente contestato la validità di quell'editto. Si erano così costituiti due grandi schieramenti contrapposti tra i quali, appunto, alla morte dell'imperatore, era poi scoppiata la guerra.Da un lato dello schieramento c'erano la Francia, la Spagna, la Prussia, la Svezia e i Grandi Elettori di Baviera e di Sassonia; dall'altro, invece, l'Austria, l'Inghilterra, i Paesi Bassi, la Russia e il piccolo ma agguerritissimo Regno Sardo-Piemontese.In questo scacchiere, dunque, il Regno di Sardegna è per l'appunto schierato a fianco dell'Austria, la stessa che gli aveva prestato soccorso 41 anni prima concedendo al principe Eugenio di Savoia, il Salvatore di Vienna, cugino del Re, di guidare un corpo di spedizione in soccorso alla Torino capitale assediata. All'Assietta, una ridotta alpina trincerata alla bell'e meglio soltanto pochi giorni prima dello scontro, per ordine del re Carlo Emanuele III, si trincerarono 7.000 soldati sabaudi. Si trattava di 13 battaglioni in tutto, totalmente privi di artiglieria: 9 appartenevano all'Armata Sarda, di cui 4 di mercenari svizzeri e i restanti per lo più granatieri e ex Dragoni Gialli, ora diventati Nizza Cavalleria, e 4 ricevuti in rinforzo dagli alleati Austriaci. Vi erano inoltre gruppi di miliziani Valdesi e volontari di Pragelato, posti in rinforzo al battaglione del Reggimento Monforte.Di fronte a loro si trovava il grosso dell'esercito di invasione disposto dall'alleanza franco-ispanica, forte di ben 40.000 soldati. Nonostante il numero soverchiante del nemico, meglio armato ed equipaggiato, in quella sorta di El Alamein a 2.500 metri di quota i piemontesi vinsero, perchè non vollero ritirarsi venendo meno agli ordini del sovrano che aveva detto al loro comandante di tenere la posizione ad ogni costo. L'eco della vittoria risuonò nei più importanti ambienti militari europei, tanto che il re di Prussia, nemico in quel frangente del Regno Sardo, commentò così il valore dei soldati sardo-piemontesi: "Se Noi disponessimo di un esercito di tale valore, conquisteremmo l'Europa". Indi per cui il "bogianen" è colui che resta fedele alla consegna, sempre e comunque, e non rinuncia mai alla parola data nemmeno nelle occasioni più critiche.Da dove dunque è nato lo stereotipo? Occorre qui fare un grosso slato in avanti, di oltre un secolo, per la precisione. Siamo nel bel mezzo delle Guerre di Indipendenza: è dal Regno di Sardegna che partono la gran parte degli eserciti che vanno ad affrontare l'Austria per liberare il loombardo-veneto e mettere in moto il processo di unificazione italiana. A Torino accorrono volontari da ogni angolo d'Italia e anche d'Europa: la storia ce li ha consegnati come eroi romantici, senza machia e senza paura, mossi da alti ideali di libertà a autodeterminazione. E per un certo verso ciò fu anche vero. Ma occorre dire per amor di verità che nelle fila dell'esercito sabaudo, specie tra la truppa, trovò posto la più varia umanità. Un po' come nella legione straniera: avventurieri, disperati, galeotti evasi, marmaglia, ladruncolame vario che tentava di rifarsi una faccia trascorrendo qualche anno a sparacchiare agli "'striaci" (che bene o male ora stavano sul culo a tutti, mentre invece i francesi erano diventati i buoni) indossando l'uniforme del re di Sardegna. La ferrea disciplina militare con cui venivano addestrati i battagliani sabaudi (la storia che la tramanda come seconda solo a quella prussiana) non andava certo molto a genio a questa accozzaglia di lazzaroni che, schierati in piazza d'armi per le manovre, si sentivano continuamente urlare dai sergenti: "Sull'attenti, cristo! Bogia nen, maraja!" (si legge "maràia" e nel contesto suona "state fermi, marmaglia!"). Ed ecco che bogianen diventa dunque qualcosa di negativo, associato a qualcuno che se ne sta lì impalato e non si muove.