martedì 9 ottobre 2007

Cameriere, un caffè


Ah, che bello 'o cafè. Già. Quanto aveva ragione la buonanima di Faber... Mica per niente era un genio.

Il caffè... Per alcuni è un'abitudine, per altri addirittura un rito. Per me è soltanto qualcosa a cui non si può rinunciare. E' parte integrante della giornata, cribbio. E' il grano salis di tutto un dì, poffarbacco. Se non c'è, se manca, tutto comincia a girare male, perdindirindiofà. Per questo le disavventure che capitano quando c'è di mezzo il caffè sono le peggiori. Merda, piscia, figa e vaffanculo.
Giovedì sera, poco prima delle 21. Sto bighellonando in piazza Solferino, in attesa che arrivi l'ora del réndez-vous per la festa di compleanno di una mia carissima amica. Buoni, è già fidanzata, quindi non vi agitate. Cosa faccio nell'attesa? Di ascoltare l'I-pod non se ne parla, perchè quando ascolto l'I-pod io inevitabilmente comincio a canticchiare, o a ridere, o a ballonzolare prima su un piede e poi sull'altro, o a invocare attraverso monosillabi gutturali divinità ctonie di dubbia origine etnologica e dalle ignote fattezze e attribuzioni sovrannaturali, a seconda del brano. Insomma, roba che farla in pubblico è cosa sconveniente per un gentleman della mia schiatta. Un po' come mettersi le dita nel naso. Tutte insieme, intendo. Perchè una alla volta invece è pratica accettata presso molte corti europee. (Appunto personale: siccome di smettere di dire cazzate non se ne parla, ricordarsi almeno di scrivere un post sull'alienazione da I-pod. Domani, ad esempio, andrà benissimo, ché non c'ho un piffero da fare). Beh, dicevo, che si fa nell'attesa? Si va a prendere un caffè, ovvio.

L'insegna luminosa di una giganterrima caffetteria sembra proprio fare al caso mio. Mi ci fiondo come Gianni Boncompagni nelle mutande di una sedicenne aspirante soubrette, o come Cristiano Malgioglio in un raduno di rugbisti centrafricani (Oddìo...cos'è questa puzza? Ah, sì, dev'essere la querela...niente di grave). In testa ho solo una cosa. Subito dietro la patata, intendo. Un bell'espresso. 85 centesimi ben spesi, e con il resto di un euro da infilare nel dindarolo (sto risparmiando per il cambio di sesso. Lo voglio più lungo). Solo che c'è un problema. L'antro luminoso e ospitale in cui mi sono inoltrato è una di quelle caffetterie "american style" nelle quali l'elenco delle tipologie di caffè disponibile è pari al casellario giudiziario di Bernardo Provenzano e del Mostro di Rostov messi insieme. Vi ricordate la famosa frase pronunciata da Tom Hanks in "C'è posta per te", allo Starbucks? Diceva pressappoco così: "Tanti tipi di caffè tra cui scegliere servono a dare l'impressione anche ai piciu di saper prendere una decisione importante". Ora, sono sicurissimo sul termine "piciu", ma non so se le altre espressioni siano proprio le stesse usate da Tom Hanks. Ad ogni buon conto, avrete afferrato il concetto. Siccome dunque anche io sono piciu, voglio darmi l'impressione di essere un tipo volitivo. Quindi metto da parte l'idea dell'espresso e ripiego sul caffè americano. Errore. Straerrore erroroso, anzicheno. La prima regola del buon viaggiatore dice infatti: mangia il cibo tipico del posto in cui ti trovi. Il suo corollario recita: non mangiare il cibo tipico di un posto se ti trovi in un altro. E difatti ecco abbattersi repente sul mio stolto collo la scure della Nemesi: invece di un caffè americano filtrato nel percolator, come ogni buon film con i poliziotti cattivi e gli avvocati che non si fanno la barba insegna a fare, mi viene servito un caffè doppio in tazza grande, che dovrò poi allungare a mio piacere con dell'acqua scaldata servitami a parte, in un contenitore metallico. Tradotto in italiano: il risciacquo ripetuto dei miei fettoni nel bidet, allungato magari con estratto di tarzanello, sarebbe stata vera e propria ambrosia al confronto di quel caffè.

Ripeto mentalmente il Grande Libro delle Bestemmie della Tradizione Ugro-Finnica, ma anche questo mantra, di solito così efficace nei momenti di più profondo sconforto, non si dimostra utile a togliermi dall'ambascia in cui mi sono cacciato con le mie stesse mani. E anche l'odore di quel prezioso nettare così malamente stuprato mi riporta a piè pari alla realtà, come uno staffile calcato sul deretano con veemenza. Bevo, schifato nel profondo, quell'infame brodazza, dopodichè pago ostentando un sorriso di circostanza che somiglia in maniera inquietante ad una paresi facciale, e mi allontano nella notte. E al bar successivo ordino un espresso.

10 commenti:

Alessandro ha detto...

Grave errore rinunciare all'espresso per scgliere volutamente una brodazza all'americana pure malfatta per gli standard americani...
Già quella originale assomigilia alla coca cola zero scaldata senza bollicine, figurati la versione tarocca... (Non l'ho mai assaggiato, pero ho bevuto uno squallido cappuccino rovente all'aereoporto di stansted con la schiuma che sembrava quella degli estintori)

Anonimo ha detto...

americans sucks

Anonimo ha detto...

tigre la grammatica...la grammatica!rimandato a settembre
p.s. viva il caffe'd'orzo fatto con la moka

Anonimo ha detto...

Qual'è l'errore? AmericanS (plurale) suckS (fanno schifo al plurale). Il solo apostrofo è facoltativo, a me sembra giusta. Di grazia, la forma corretta come sarebbe?

Pautasio ha detto...

Pagani! Altro che lezioni di grammatica angloamerticana... qui avete tutti bisogno di un corso accelerato di caffeismo agonistico. Anzi, non accelerato: espresso!
@ Ale: ogni caffè è buono, anzi squisito, a modo suo, basta che sia fatto secondo i giusti crismi. Umberto Eco docet ("La cuccuma maledetta", ne "Il Secondo Diario Minimo", ex Bustina di Minerva). Questo vale per il caffè americano, che tanto detestate ma che deduco dai vostri commenti non avete mai assaggiato, come per quello francese (che appare il più cilapposo ai nostri italici palati, ma comunque meritevole quando preparato secondo tradizione), per quello greco, albanese, turco (questi ultimi tre son molto simili, da lasciar decantare prima della consumazione, altrimenti ci si impasta la bocca con la fanghiglia del fondo...) o per il "cafesin-o" brasiliano, che non ho mai assaggiato ma mi dicono sia una specialità.
@ Tiger: God bless America
@ Nonso: l'orzo sta al caffè come una bambola gonfiabile alla ciulata del secolo...

Così parlò Pauthasiustra

Anonimo ha detto...

non hai fatto cenno a quello portoghese, da non confondersi con quello brasialiano.
Il Portogallo è l'unico paese, insieme all'Italia dove si può chiedere un caffè preparato in più di venti maniere diverse, la maggior parte buonissime...

Anonimo ha detto...

durante un viaggio di piacere a Varsavia ho avuto modo di conoscere un piccolo baruccio con più di 200 miscele. Poi le preparavano con la moka e le differenze di gusto erano davvero rilevanti. Inoltre spezzo una lancia e lancio un rutto in difesa del caffè americano, chè la snobberia da caffè-solo-italiano-fuori-solo-schifo è alquanto riduttiva. Il migliore l'ho bevuto mangiando una omelette ai funghi e peperoni alle 8 di un mattino a Chicago. Poi me ne sono uscito con uno di quei bicchieri-termos da strada, da passeggio, e sono andato avanti a sbevazzarlo per le freddi, grandi stradone statunitensi. Impareggiabile. Certo è un rito diverso, ben lontano dall'espresso italiano e dal caffè con sigarette polacco, tuttavia ha il suo stile.
Tutto questo per bullarmi di aver viaggiato. Ovviamente ho anche bevuto caffè turco e greco e anche bosniaco nei rispettivi paesi... ma quello sa proprio di terra.

ilallà ha detto...

la snobberia da caffè-solo-italiano-fuori-solo-schifo è una mia prerogativa... e per una che studia lingue è già un bel controsenso! W Faber e l'espresso tutto italiano

Pautasio ha detto...

Non ti piacciono i caffè stranieri, Ilallà? Mmmmm... studierai sì lingue, ma ti mancano gli esami di papille 1 e 2

Anonimo ha detto...

@Tiger: te lo dico cosi' la prossima volta che abborderai una bella americana non mi cadrai come la principessa sul pisello:)
AmericanS e' un sostantivo plurale
to suck e' un VERBO(questi sconosciuti..)e si accompagna con la S solo alla terza persona..Singolare..te capi' testina?
@Pautassioma: beh..l'orzo sta ad una ciulata lunga 10 ore come il caffe' sta ad una di 3 secondi..con l'amaro in bocca;)