domenica 22 aprile 2007

Il blog è mio e me lo gestisco io

Mi perdonino le femministe più incallite se le defraudo così impudentemente di uno dei loro slogan più efficaci nelle storiche rivendicazioni delle pari opportunità per parlare semplicemente dei casi miei. E, oltretutto, orrore e raccapriccio, abbiano pietade di me se lo faccio sostituendo le loro sacrali e inviolate cavità uterine a tutt'altro genere di contenitore. Un blog, appunto. Anche se, d'altra parte, volendo fare della pignoleria filosofica, il blog un po' utero lo è. Cova e nutre piccoli infanti, le idee, da quando sono embrioni sino a quando si condensano in un essere fatto e finito, e infine le partorisce in un tripudio di amnios puteolento, le parole. Il fatto che poi dia alla luce quasi esclusivamente freack o aborti (e i frequentatori abituali di questo blog se ne saranno resi conto), questo è tutto un altro paio di maniche, e non ci interessa affatto in questo preciso frangente.
Approfitto semplicemente dell'essere ancora all'inizio di questo mio cammino bloggesco per fornire un rapido ma utilissimo vademecum per una corretta fruizione del prodotto. Mi sembra doveroso farlo, non tanto per correttezza nei confronti dei lettori (e quando mai chi pubblica qualcosa su Internet se ne preoccupa? Perchè dunque dovrei cominciare a farlo io? Ho forse scritto sulla fronte "Scemo chi legge" in Braille?), quanto per soddisfare la mia insana passione ad avere sempre ragione. Anche quando ho palesemente torto. Così, se un domani qualcuno dovesse mai muovermi qualche appunto sulla politica con la quale mando avanti il mio blog, potrò sempre rispondere: "Te l'avevo detto, io". E queste, signori miei, sono davvero delle gran soddisfazioni.
Come già si evince dal titolo, le cause che mi hanno spinto a creare un mio blog, le finalità che mi prefiggo e i mezzi che utilizzo per ottenerle sono solo ed esclusivamente personali. E in quanto tali, assolutamente insindacabili da chicchessia all'infuori del sottoscritto. Che, lo rimarco a beneficio dei più distratti, sarei io. Per carità, ad ogni mio post è allegata una sezione di commenti nella quale chiunque, ma proprio chiunque, può scrivere di tutto, ma proprio di tutto, per esprimere apprezzamento, dissenso o indifferenza in merito alle argomentazioni che espongo su queste pagine. Ma in caso di commento non pienamente soddisfacente mi riservo in toto il diritto di chiosa. Ovvero di rispondere come mi pare e piace, contestando o, perchè no, sostenendo le opinioni del commentatore. Ok, questo lo fanno un po' tutti i bloggers.
Ma io ho tutta una serie di difetti aggiuntivi rispetto al modello di blogger standard. Quando critico qualcuno, per esempio, mi piace farlo in maniera salace, mettendo in campo tutta l'ironia più malefica di cui sono provvisto. E, soprattutto, odio chi non si firma. E su di loro scarico tutto il mio odio e la mia cattiveria repressa dietro la maschera di tenero gigione. Sì, detesto gli "Anonimo qui"e "Anonimo là". Perchè, caspita, basta davvero poco ad inventarsi un nickname del caspio da inserire al fondo del proprio commento. Non chiedo mica nome, cognome, indirizzo, numero di conto corrente, codice fiscale della prozia e numero di scarpe (che sono comunque sempre due, di solito, visto che si vendono e si indossano al paio). Che qualcuno si firmi pure Cicciolina, Nonna Papera, Garibaldi, Puppattone84, Zoccola d'assalto, Suor Germana o Insaziabilecasalinga, a me fa un baffo. Basta che si firmi, che compia quel piccolo gesto che, al di là che il nome scelto sia reale o fittizio, dimostra che almeno chi scrive ha il coraggio di rimarcare una certa paternità, per quanto lieve, su quanto scrive. Per farla breve, è una mera questione di principio. E anche se a me di farla breve riesce davvero di rado, al principio ci tengo una cifra.
Ma il titolo ha anche un secondo significato. Molto più semplice e schietto. Un significato che si può condensare efficacemente nei seguenti assiomi: non offro un pubblico servizio ma parlo dei miei personalissimi pifferi; da queste pagine non devo proprio nulla a nessuno e per converso nessuno deve pretendere di aspettarsi qualcosa da me; dico quello che mi pare e quando mi pare più opportuno dirlo, e quando non ne avrò più voglia cesserò di farlo. Del resto, a tutti quelli che non sono interessati ai miei sproloqui, basta un click su quel quadratino con la X in mezzo che campeggia in alto a destra nella pagina del browser.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Anonimato. Bel problema... non ho letto tutto il post perchè sono pigro, ma hai ragione... l'anonimato rompe le palle. Come quelli che non firmano qualcosa perchè sono indifferenti. E' poi vero che invece io firmo tutto, lascio i miei dati ovunque, scrivo il mio numero di cellulare nei cessi con la dicitura "se vuoi che io sia primo ministro contattami pure" ecc... e mi trovo le caselle mail intasate di spam, ricevo telefonate intriganti di napoletani cazzari nel cuore della notte... però firmo. In fondo mi vergogno di quel che faccio della mia vita, non di chi sono.
Continua a scrivere, prima o poi leggerò... e viva Leonida ed i 300 spartani, ricordiamo chi erano, e perchè sono morti.

Giovanni Francesco Carlo Luigi Maria Palemone Vagnone di Trofarello e di Celle con Mombello

Pautasio ha detto...

Ecco, vedi, basta proprio poco...

Fabrizio Goria ha detto...

Generalmente anche io firmo, non metto il mio numero nei cessi anche perchè nessuno lo leggerebbe, sono pochi coloro i quali osservano il loro membro mentre espelle greve l'orina. Preferisco scriverlo di fianco al pulsante dello stesso cesso di cui sopra, perchè tutti, anche quelli che non spingono il pulsante perchè tanto-chissenefrega-non-è-mica-il-cesso-di-casa-mia, guardano quel pulsante.
Klaus Davi e Paolo Del Debbio dovrebbero studiare questa fenomenologia, peccato che preferiscano studiare come viene recepita dall'opinione pubblica l'immagine di Lele Mora dopo lo scandalo secondo il quale Alessandro del GF6 l'avrebbe denunciato perchè Mora voleva che gli facesse un massaggio ai piedi.
Questa è l'Italia, un paese dove tutti dicono cazzate liberamente ma pochi hanno il coraggio di farsi vedere.

Cordialmente,
Fabrizio Goria