E quella volta, una domenica di ottobre, già l’autunno ci moriva addosso e io fumavo sigarette amare, e tu come uno specchio rotto riflettevi quell’immagine sbiadita del ricordo del frammento del brandello del profumo di quell’angolo d’estate e mi dicesti: “Voglio vivere la vita come un alito di vento che, inseguito dall’aurora, già racchiude le speranze di un domani tutto mio che mi appartenga, e come donna accarezzare nuovi scampoli d’assenza”, io dicevo “Sì capisco, vuoi gli scampoli d’assenza” ma pensavo: “Puttana”.
Così pensasti, decidesti e mi annunciasti: “Quest’estate vado in Grecia con Giovanna, mi preparo a accarezzare nuovi scampoli d’assenza”, io ti dissi: “Scusa cara, cosa cazzo ti prepari per l’estate, siamo a ottobre, è quanto meno prematuro”; tu piangesti tutta notte e al mattino ti svegliasti, gli occhi pesti, ripiangesti e mi dicesti: “Siamo onesti, vuoi che resti per tarpare le mie ali ed impedirmi di volare, e come donna accarezzare nuovi scampoli di assenza”, io ti dissi: “No, prudenza, non potrei vederti senza quei tuoi scampoli di assenza”, questo dissi ma pensavo dentro me che tu e Giovanna in Grecia ci andavate solo per sentirvi… puttana.
Poi sei tornata dalla Grecia io fingevo che non mi importava niente, ti chiedevo le notizie più banali, tipo: “Chissà quanta gente avrai incontrato, che bordello di turisti”, tu negavi ed affermavi: “No no no no no no no no no no no no no no no no no no no, eravamo solamente io e Giovanna sopra un’isola deserta tipo c’hai presente due chilometri di spiaggia vuota, dormivamo in un capanno in riva al mare e alla sera i pescatori ci portavano del pesce, facevamo le grigliate sulla spiaggia e cantavamo a squarciagola le canzoni di Battisti fino all’alba, tanto l’isola è deserta”, tu dicevi e io pensavo: “Ma che cazzo, tutti quelli che ritornan dalla Grecia sono stati sopra un’isola deserta tipo c’hai presente due chilometri di spiaggia vuota, ma contando tutti quelli che mi dicono ‘sta cosa io mi chiedo quante cazzo di isolacce deve averci questa merda di una Grecia, poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in altomare e impiccarsi con le reti senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la puttana?”.
E adesso tu mi chiedi come mai son così pallido e patito mentre tu sei tanto sana. La risposta è tra le righe di quest’aria che ti canto, che nel mentre che tu stavi sopra l’isola deserta strafogandoti di cozze con Giovanna e i pescatori, io da solo chiuso in casa non potevo fare a meno di pensare a te lontana già da qualche settimana e comporti una canzana praticando una gimkana che mi ha fatto alfin capire che tu sei, saresti stata, eri, fosti, sarai sempre e dillo pure anche a Giovanna… il mio amore, sì il mio amore, nonostante qualche dissapore. Come una libellula selvaggia io sorvolerei, però dimmi cosa hai fatto con il greco sulla spiaggia. Senza fiato, senza bronco, tu sei ritornata ma ti stronco; se ti lascio in faccia i segni del saldatore so che capirai: io non ti porterò rancore.
Così pensasti, decidesti e mi annunciasti: “Quest’estate vado in Grecia con Giovanna, mi preparo a accarezzare nuovi scampoli d’assenza”, io ti dissi: “Scusa cara, cosa cazzo ti prepari per l’estate, siamo a ottobre, è quanto meno prematuro”; tu piangesti tutta notte e al mattino ti svegliasti, gli occhi pesti, ripiangesti e mi dicesti: “Siamo onesti, vuoi che resti per tarpare le mie ali ed impedirmi di volare, e come donna accarezzare nuovi scampoli di assenza”, io ti dissi: “No, prudenza, non potrei vederti senza quei tuoi scampoli di assenza”, questo dissi ma pensavo dentro me che tu e Giovanna in Grecia ci andavate solo per sentirvi… puttana.
Poi sei tornata dalla Grecia io fingevo che non mi importava niente, ti chiedevo le notizie più banali, tipo: “Chissà quanta gente avrai incontrato, che bordello di turisti”, tu negavi ed affermavi: “No no no no no no no no no no no no no no no no no no no, eravamo solamente io e Giovanna sopra un’isola deserta tipo c’hai presente due chilometri di spiaggia vuota, dormivamo in un capanno in riva al mare e alla sera i pescatori ci portavano del pesce, facevamo le grigliate sulla spiaggia e cantavamo a squarciagola le canzoni di Battisti fino all’alba, tanto l’isola è deserta”, tu dicevi e io pensavo: “Ma che cazzo, tutti quelli che ritornan dalla Grecia sono stati sopra un’isola deserta tipo c’hai presente due chilometri di spiaggia vuota, ma contando tutti quelli che mi dicono ‘sta cosa io mi chiedo quante cazzo di isolacce deve averci questa merda di una Grecia, poi ‘sti pescatori greci non potrebbero pescare in altomare e impiccarsi con le reti senza andare a importunare le ragazze come te che normalmente sono brave ma travolte dagli eventi non disdegnano di fare la puttana?”.
E adesso tu mi chiedi come mai son così pallido e patito mentre tu sei tanto sana. La risposta è tra le righe di quest’aria che ti canto, che nel mentre che tu stavi sopra l’isola deserta strafogandoti di cozze con Giovanna e i pescatori, io da solo chiuso in casa non potevo fare a meno di pensare a te lontana già da qualche settimana e comporti una canzana praticando una gimkana che mi ha fatto alfin capire che tu sei, saresti stata, eri, fosti, sarai sempre e dillo pure anche a Giovanna… il mio amore, sì il mio amore, nonostante qualche dissapore. Come una libellula selvaggia io sorvolerei, però dimmi cosa hai fatto con il greco sulla spiaggia. Senza fiato, senza bronco, tu sei ritornata ma ti stronco; se ti lascio in faccia i segni del saldatore so che capirai: io non ti porterò rancore.
Claudio Bisio
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