Temevo sarebbe accaduto, e infatti è accaduto. Ma dai, suvvia, chi voglio prendere in giro? Non temevo proprio un bel nulla. Lo sapevo, punto e basta. Ne ero matematicamente certo. Diciamo piuttosto che in un angolo recondito del mio animo cinico, disilluso e calcolatore balugina(va) ancora la favilla di un ormai ingiustificato idealismo, che mi aveva fatto sperare (sciocco sperare, dal momento che chi vive sperando sappiamo tutti come muore...) che per lo meno la dignità avrebbe finito con l'avere la meglio.
Non dico la morale, la legge, i princìpi, i valori. L'onestà? Figuriamoci. Tantomeno il buonsenso. Dio ce ne scampi e gamberi, quello è in vacanza da tempo, ormai, ma quel genere di vacanza che esordisce sempre con la frase: «Tesoro, esco a comprare le sigarette». Però, caspita, almeno la dignità. In un mondo che ormai mercifica tutto e tutti con un clic, basta solo che si trovi un accordo sul prezzo, credevo (rettifico: speravo) esistesse ancora almeno un baluardo di candida intangibilità. Qualcosa di talmente granitico e intoccabile da comportarsi di fronte al mercimonio coatto così come una cerata da pescatore sotto la pioggia sferzante del più sferzante tra i monsoni. Insomma, mi era pur sempre stato insegnato da qualche parte che, quando tutto finisce, soldi, amori, affetti, amicizie, contatti, pensieri, parole, opere e omissioni, financo parentele, resta solo più quella a distinguere l'essere umano da qualsivoglia altra forma di vita basata sul carbonio e deambulante sulla più acquosa tra le biglie danzanti del Sistema Solare.
Credevo, ma invece. Invece ha vito ancora l'ipocrisia. Non tanto quella forcaiola, che tutto sommato è figlia di una sana indignazione nipote, a sua volta, del senso di dignità di cui poc'anzi. No, l'ipocrisia buonista, pelosa e untuosamente interessata del perdono ecumenico sempre e comunque. Non serve che mi dilunghi sul tema di tanta indignazione personale, la foto parla da se'. L'argomento, esso pure, è di comune sentire, e nel caso non lo fosse esorto il perplesso e il disinformato a levarsi le fette di porchetta di Ariccia di davanti gli offesi bulbi oculari. Idem dai padiglioni auricolari eventualmente ottusi di succedaneo sebaceo strutto.
Ciò che mi urta non è il personaggio, che ritengo (-evo) degnissimo di stima e rispetto. Si badi bene, il personaggio, non la persona. Non è nemmeno il gesto in se', che costui non è stato il primo a compiere e, ahi, lasso, or è stagion di doler tanto, non sarà nemmeno l'ultimo a perpetrare. E' il sistema, becero, ignorante e falso moralista, che gli ha permesso di sgusciare con qualche sguardo accattivante (di cui pare essere fucina) e qualche citazione acuta a metà tra un peto di Oscar Wilde e i melensi strali in carta velina dei Baci, per ribaltare l'immagine del colpevole in quella del redento, e senza nemmeno pagare pegno.
Al tempo, al tempo, gente: non sto affatto dicendo che ritengo debba essere messo a grattare a mani nude il rame da una miniera cilena, con l'ausilio del minimo sindacale di nerbate sulla schiena. Lo penso, ma non l'ho detto. Ma da qui ad essere trasformato prima in figliol prodigo e poi in eroe nazionalpopolare nell'arco di appena 48 ore, e senza, ribadisco, aver nemmeno dovuto sciorinare la benché minima prova di avvenuta redenzione, beh, ne passa a sufficienza da ormeggiarci un transatlantico. Di traverso e in retromarcia, per giunta.
Se nel mondo della tivvì, nauseante allegoria della "White Rabbit Mansion", funziona così, mi tange quanto la marca dello smacchiatore usato dalla governante di George Clooney per rimuovere le macchie di rossetto dai colletti delle di lui camicie da sera. Nella vita vera NON accade così, le regole sono altre. Non è lo stesso campo da gioco, non è lo stesso campionato e, buon Dio aiutami tu, non è nemmeno lo stesso sport. E tanto basta.
Nella vita reale, quella vissuta giorno dopo giorno da millanta e millanta miseri, insignificanti e puzzoni mortali come chi vi scrive (no, a dire il vero chi vi scrive non è né misero, né insignificante né mortali. Lo dice solo perché voi possiate illudervi di essere al suo livello e traiate un illusorio appagamento per le vostre miserabili esistenze), le cose girano diversamente.
Tralasciamo il fatto che non a tutti gli ex (ammesso che ex lo sia poi sul serio, visto che per diventarlo occorrono tempistiche ben più lunghe di un piano americano durante un talk-show) tossicodipendenti è concesso dal fato di risciacquarsi le pudenda nientepopodimeno che alla taumaturgica e inesauribile polla della Fonte di Stato. Concentriamoci invece sul fatto che, qui, sul pianeta terra, chi sbaglia paga. E paga caro. Nella vita reale non accade che una colpa sia meno grave solo perché comune a tanti. E non si ha nemmeno la fortuna di essere difeso a spada tratta da reggimenti corazzati di sedicenti intellettuali e/o opinion maker dispostissimi a perdonare qualunque errore, ma proprio qualunque, non investa direttamente il proprio orticello dietro casa. Per la cronaca, si badi bene, il fatto che l'errore è in questione non sfiori nemmeno per scherzo le natiche del generoso sepolcro imbiancato di turno è un requisito fondamentale, giacché questa tipologia di filantropo pronto ad emendare a destra e a manca con sorriso serafico e buddhesco è la stessa che pretenderebbe di veder immantinente dondolare appeso ad un nodo scorsoio il responsabile della riga trovata sulla scocca del motorino.
Insomma: se sei qualcuno, just do it. Altrimenti, caro Signor Nessuno, non ti resta che ingoiare il rospo e consolarti borbottando come una vecchia zitella sulla malasorte di non essere nell'Olimpo degli Eterni Intoccabili.
2 commenti:
"se sei qualcuno, just do it. Altrimenti, caro Signor Nessuno, non ti resta che ingoiare il rospo e consolarti borbottando come una vecchia zitella sulla malasorte di non essere nell'Olimpo degli Eterni Intoccabili".
Ben venuto nella civiltà delle "Celebrità".
Quella che se hai fatto 2 mesi in un GF guadagni 5-6 volte tanto di un tuo coetaneo che si è fatto 10 anni in un università a fare ricerca contro il cancro.
Quella civiltà che mette sestessa su you tube per apparire e non per descriversi.
Chi soddisfa la nostra necessità di voyeurismo è perdonato sempre!
Non c'è niente di più ipocrita del buonismo, disciplina olimpica molto diffusa in Italia che teorizza che tutti in fondo siano buoni e non vuole ammettere l'esistenza delle teste di cazzo quando invece ce ne sarebbe un sano bisogno. Penso che tutto ciò in realtà sia un po' (tanto) colpa "nostra", che siamo sempre pronti ad assolvere il personaggio mediatico di turno nella speranza che anche altri si ricordino di assolverci bonariamente dopo una vaccata paurosa, cosa che, come hai giustamente espresso tu, nel mondo reale solitamente non accade.
Complimenti ancora al personaggio della foto del post che è riuscito abilmente a passare da esempio da condannare a eroe della lotta alla droga, senza in realtà fare niente e, molto probabilmente, continuando a pippare di coca come prima, riuscendo a salvarsi dallo sputtanamento musicale di Sanremo. Coglioni "noi" che gli diamo seguito e riusciamo a santificarlo così in fretta.
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