sabato 26 settembre 2009

Te la dò io la tele



Voglio solo comprare un televisore.


Non uno stramodernissimo LCD, HD, UDC, PD, PdL, Pepperepè zum zum, ciccì coccò, fante cavallo e re. No, niente di tutto questo. Solo uno di quelli normali, senza troppe pretese, e soprattutto senza un cartellino del prezzo sul quale, per riportare fedelmente tutti gli zeri, occorra andare a capo tre volte. Questo per due ragioni fondamentali. La prima, dipendente dal fatto che tra la mia dichiarazione dei redditi e quella degli eredi di Aristotele Onassis si possono notare almeno venti piccole differenze, come nelle vignette della Settimana Enigmistica. La seconda traente origine dalla volotà di fare dono del televisore a mia nonna, 82enne arzilla e vispa quanto si vuole, ma che con un Sony Turbominchiapower in salotto ricorderebbe fin troppo il celeberrimo Papuasiano di coloniale memoria, quello che andava a caccia con la zagaglia in pugno e una sveglia al collo.


Pertanto mi reco bel bello nel punto vendita di una grande catena di cui, per ragioni legate alla mia allergia congenita alle querele per diffamazione, sviluppata sin dalla tenera età, non potrò qui riportare il nome. Vi posso dire soltanto che comincia per Uni ed ha per desinenza una sconcertante paronimia con una moneta avente tutt'ora corso legale nel Vecchio Continente. E non è la Corona svedese.


Grosso errore. Già soltanto per trovare il reparto tv debbo seguire un corso accelerato di orienteering con i cani da tartufo. Cani che, per inciso, sono disponibili in un pratico dispenser ubicato accanto a quello delle buste di plastica. Per giungere a destinazione, infatti, sono costretto a valicare, uno dopo l'altro, ciaspole ai piedi e barilotto di cordiale a tracolla, espositori stracolmi di asciugacapelli USB, copriwater GPS (utilissimi per sapere, ogni giorno che il buon Dio manda in terra, dove diavolo state cacando in quel preciso momento), spremiagrumi al plasma e lettori digitali di calli e duroni.


Raggiungo alfine la meta, illudendomi di essermi ormai lasciato alle spalle ogni difficoltà. Povero illuso. La mia odissea personale in confezione monouso ha solo incontrato un nuovo inizio. Prima, infatti, devo trovare un modello al tempo stesso pratico (ricordate la nonna?) e non eccessivamente dispendioso (ricordate le venti piccole differenze tra il mio Modello Unico e quello degli eredi Onassis?). Da solo non ci riesco. Ma per fortuna c'è il commesso: "Scusi, buon uomo - faccio io - Di grazia: qui, oltre agli schermi per cinema multisala, vendete anche televisori?". "Certo - replica lui - sono là in fondo". Aggiungendo poi, in cuor suo, "fot...issimo morto di fame". In quella, comprendo che "là in fondo" è la curiosa fraseologia con cui in quella contrada si indica l'angolo acuto del salone compreso tra l'uscita di sicurezza, il magazzino e la porta del cesso riservato allo staff. Molto bene.


Scorro a scalare tutti i cartellini dei prezzi, sino a giungere a quello che mi pare essere più a portata di tasca. Poi torno indietro di un paio, essendomi accorto di aver superato gli espositori delle tv ed ssere passato allo scaffale dei supporti da parete. Ecco perché mi sembravano così convenienti! Adocchio uno schermo 15 pollici, vari cavi per la connessione alla rete elettrica e alla fonte dell'etere, un telecomando ed un bel tasto anvisca/smorta (on/off, per la nonna). Prezzo ragionevole, come solo può essere un pugno sferrato a tradimento alla bocca dello stomaco. "Buongiorno" chioso rivolgendomi al collega del primo commesso. "Vorrei quello lì, per favore". "Un attimo solo - replica egli - Finisco di servire i signori e sono da lei".


"Un attimo", se definisce un'ora e un quarto d'orologio, è un eufemismo. Anche "signori" è un eufemismo, se utilizzato in quella circostanza. Mi superano infatti uno dopo l'altro ondate di tamarri con il jeans a vita bassa e, nonostante trenta e passa anni suonati, la mutanda indossata quasi a voler prevenire un mal di gola, bramosi di collocare nell'andito del proprio bilocale in affitto nella periferia di Vergate sul Membro - per il canone del quale versano già in ritardo di due quote - un maxischermo al plasma da 1098.77 pollici (06, per chi chiama da fuori Roma) che finiranno di pagare a rate solo nel giorno del Giudizio. Il tutto per non perdersi l'impagabile spettacolo di osservare come sotto i vetrini del microscopio i peli del naso di Ibrahimovic dopo che si è smorfellato dal dischetto del Bernabeu per celebrare un sinistro andato a segno contro gli odiati Merengues. Gli stessi che tra sei mesi non potranno comperare ai figli l'apparecchio ortodontico, gli occhiali o i plantari correttivi, e si giustificheranno con la prole più o meno così: "Mi dispiace, Gionatan, c'è la crisi. Comunque tranquillo, con la cintura Cavalli non si nota la zeppola".


Ma io sono arrivato prima, e volevo soltanto un televisore normale. Quello da cento euri cacati, col telecomando al quale manca persino il numero nove, ma che tanto fa lo stesso perché si può cambiare canale con il più e il meno. E avrei anche pagato in contanti, con biglietti freschi freschi di bancomat. Invece niente. Senza la rateizzazione a 36 eoni, 2 ere e 12 evi qui dentro non sei nessuno. Non hai diritto di cittadinanza. Sei un invisibile, eterea presenza cui verrà prestata un'attenzione pari a quella di un peto mollato allo stadio Olimpico.


Alla terza famigliola di MinchiaSabbri che mi passa davanti decido di andarmene. Stanco, deluso e stizzito. Ma non prima di essermi tolto la soddisfazione di improvvisare una supercazzola alla cassiera. Così, per una sorta di rappresaglia morale.






Ps: Caro commesso dell'Unieccetera, che trascorrerai la tua esistenza di lavoratore sottopagato tra un contratto interinale e l'altro, incontrando la tua massima realizzazione economica con le commissioni sulla vendita porta a porta dell'Enciclopedia Universale dei Cavaturaccioli, ascoltammi. Non dare la colpa di ciò che ti attende alla recessione, alla crisi, al Governoladro, o ad un'imprenditoria arraffona e sorda alle esigenze occupazionali delle nuove generazioni. La responsabilità del tuo grigio e anonimo futuro è solo mia. E del simpatico pamphlet: "La macumba per tutti, in particolare per tua sorella", che ho letto con sommo piacere quest'estate sotto l'ombrellone.

3 commenti:

Riccardo Mass. ha detto...

Ma tu sei un genio, sei un genio!!!!
L'articolo è stupendo! Non ridevo così dall'ultimo video di Crozza xD

1411Brauna ha detto...

ti adoro !!! sei cerebrale! :D

Pautasio ha detto...

:) grazie